Domenica 5 febbraio la Comunità Pastorale ha celebrato con tutta Chiesa la Giornata per la Vita, invitando alla S. Messa delle 11.15 a Vergiate le famiglie dei battezzati del 2024, che hanno risposto all’invito in un numero più significativo rispetto agli anni precedenti. In questa occasione è stata ascoltata una toccante testimonianza della famiglia Lo Giudice che trovate qui di seguito.
La storia di Gabriele comincia il 27 ottobre 2023, giorno in cui nasce presso l’ospedale Valduce di Como.
Subito dopo il parto Gabriele viene portato nell’incubatrice del nido, in quanto sospettano che abbia ingerito un po’ di liquido (ci hanno spiegato che capita di frequente). Lì rimane per circa 24 ore. Finito questo tempo rimane in osservazione nella saletta del nido. Da quel momento per Gabriele comincia un “avanti e indietro” tra la nostra camera e il nido: per quanto tutti i parametri fossero regolari e stabili, il nostro bambino presenta una “tachipnea” continua (respiro affannoso) non solo nei momenti di sforzo, come il nutrirsi, ma anche in quelli a riposo.
Dopo tre giorni, il 30 ottobre, decidono di fargli una lastra toracica per capire cosa stesse succedendo. Veniamo chiamati dal dottor Merazzi, il direttore del Dipartimento materno-infantile dell’Ospedale Valduce, il quale ci espone il quadro ipotetico che quella lastra ha presentato: il polmone destro di Gabriele appare schiacciato. Il principale sospetto: un’ernia diaframmatica.
Da quel preciso momento comincia il nostro calvario.
Per la prima volta nella nostra vita, con il nostro terzo figlio, sentiamo parlare di posti che mai avremmo immaginato di conoscere: occorre trovare un ospedale che abbia non solo la terapia intensiva neonatale, ma che abbia anche la chirurgia neonatale. Il dottor Merazzi, con i colleghi dell’ospedale Sant’Anna di Como, si sono subito adoperati per trovare il chirurgo migliore per questo caso: il dottor Gentilino, chirurgo esperto in patologie polmonari che ha avuto una lunga esperienza in interventi di ernia diaframmatica. Dal 2017 questo chirurgo lavora all’Ospedale del Ponte di Varese. E così siamo stati trasferiti immediatamente lì.
Al nostro arrivo Gabriele viene sottoposto a una tac che conferma il sospetto di ernia diaframmatica destra. La dottoressa Mogiatti ci illustra allora come avrebbero deciso di procedere: intubare Gabriele, per permettere al polmone destro di rilassarsi, distendersi e spingere verso il basso tutto ciò che da quel buchino nel diaframma poteva essere risalito.
Il 31 ottobre, in quel box 8 della terapia intensiva neonatale di Varese c’è un gran viavai di medici. Conosciamo il professor Agosti, direttore generale della Neonatologia, della Terapia intensiva neonatale e della pediatria del Ponte, il quale ci spiega che Gabriele sarebbe stato operato il 2 novembre dal dottor Gentilino, in quanto il 1° novembre i chirurghi generalmente non operano, essendo un giorno di festa.
Ma nel primo pomeriggio ci comunicano che il dottor Gentilino aveva deciso di operare Gabriele il 1° novembre, riunendo tutta la sua équipe, poiché le condizioni del nostro bambino erano stabili e non avrebbe dunque avuto senso attendere oltre. La mattina del 1° novembre, qualche ora prima dell’intervento, il professor Agosti ha racchiuso in una frase il senso di tutto, senza sapere ancora a cosa si sarebbe andati incontro: “I chirurghi opereranno il giorno di Tutti i Santi… Già, perché oggi abbiamo proprio bisogno di tutti loro!”.
Gabriele viene portato in sala operatoria alle 10.00 circa del mattino. Il primo aggiornamento sarebbe dovuto arrivare intorno alle 14.00, ma così non è stato. Alle 16.00 vediamo entrare nel nostro box il dottor Gentilino, la direttrice della TIN dott.ssa Bossi e la psicologa dott.ssa Bolis. Il chirurgo ci spiega che in quelle ore l’intestino di Gabriele era stato riposizionato correttamente, ma purtroppo avevano trovato una complicanza imprevista: il fegato, risalendo da quel buchino, si era fuso insieme al polmone. Una patologia rarissima, chiamata fusione epato-polmonare. Non dimenticheremo mai l’espressione sul volto di quel medico mentre ci stava dicendo che l’intervento sarebbe stato potenzialmente fatale, ma era necessario.
Abbiamo dunque dato il nostro consenso. In quel momento è come se ci fosse crollato il mondo addosso: avevamo a casa le altre due nostre figlie che ci aspettavano, fremevano dal desiderio di conoscere il loro fratellino che tardava ad arrivare e avevamo un figlio, di appena 5 giorni, in una sala operatoria, che lottava per sopravvivere. Abbiamo chiesto in quel momento se fosse stato possibile far venire un sacerdote per battezzare il bambino, ma un’infermiera ci ha detto che il personale medico aveva tutto il necessario in sala operatoria, che aveva l’autorizzazione del sacerdote e che, se la situazione fosse precipitata, poteva farlo immediatamente se noi lo avessimo desiderato.
Così abbiamo cominciato a recitare il Rosario: la nostra fede, la preghiera erano l’unica luce che avevamo in quel momento così buio. La psicologa, passando davanti al nostro box, ci ha visti e si è proposta di accompagnarci nella cappella dell’ospedale. Non abbiamo perso la speranza e ci siamo stretti come un cuore solo e abbiamo pregato, pregato e ancora pregato. Non ci siamo mossi da quel posto, l’unico in cui finalmente avevamo trovato un po’ di pace in quegli ultimi due giorni così frenetici e sconvolgenti.
Alle 18 e qualche minuto vediamo arrivare le nostre mamme nella cappella dell’ospedale, e dietro di loro la psicologa. Non dimenticheremo mai quegli occhi: brillavano, avevano un riflesso gioioso che ci ha subito donato speranza; ci ha comunicato che l’operazione era stata conclusa e una volta saliti il dottore ci avrebbe spiegato tutto.
Abbiamo rivisto il nostro bambino vivo e non era per niente una cosa scontata. Portati in una saletta della TIN, il chirurgo ci ha spiegato per filo e per segno il lavoro che, in quelle interminabili 8 ore, aveva eseguito. Ci ha confermato che, quando era salito a darci il resoconto, aveva lasciato Gabriele stabile in sala operatoria, ma purtroppo la situazione era davvero critica: doveva separare due organi, il polmone e il fegato, ma non c’era un punto da cui iniziare; non aveva nessuna linea di confine che potesse in qualche modo definire la mossa da intraprendere. Poi aggiunge: “lo non so quali santi abbiate chiamato, ma qualcuno lì è arrivato. Quando sono tornato in sala operatoria con il vostro benestare, ho ricontrollato, guardato… e ho trovato una via da cui partire. Ma prima non c’era!”. Ha chiesto conferma alla dottoressa che era in sala operatoria con lui, la quale, in silenzio e con gli occhi lucidi, ha annuito.
Ha aggiunto poi che Gabriele era il secondo caso che aveva incontrato con questa patologia, entrambi a Varese: lui stesso non riusciva a spiegarsi come fosse stato possibile un secondo caso sempre da lui operato! Probabilmente Varese è l’ospedale con l’incidenza maggiore di casi di fusione epatopolmonare; nel mondo 47 casi conosciuti con una storia scritta, un centinaio circa se vengono aggiunti i Paesi del “terzo mondo”.
Ci è stato poi prospettato un percorso postoperatorio delicato, lungo e pieno di ostacoli che avremmo dovuto affrontare.
Il 2 novembre, giorno seguente all’operazione, con il consiglio di un caro sacerdote che ci segue nel nostro cammino di fede, noi genitori abbiamo battezzato nostro figlio: è diventato figlio di Dio a tutti gli effetti.
Gabriele è stato sempre stabile e, giorno dopo giorno, si è tolto tutti gli ausili che aveva: cateteri e accessi venosi, medicine, drenaggio toracico e ossigeno. Il 20 novembre, dopo soli 19 giorni dall’intervento chirurgico, Gabriele viene dimesso dalla TIN e lo abbiamo finalmente portato a casa: come ci ha riferito la psicologa, in 20 anni che lavora in quell’ospedale, non ha mai visto un bambino dimesso dopo così pochi giorni. Non c’è stata sera in cui, uscendo dall’ospedale per tornare dalle bambine, non abbiamo chiesto alla mamma Celeste di vegliare su Gabriele, di prenderlo in braccio se avesse pianto e di accarezzarlo per noi.
Che la storia di Gabriele sia un miracolo sembra piuttosto chiaro! I segni che abbiamo ricevuto, tanti:
- Gabriele è sopravvissuto al parto e ha compiuto tutte le sue funzioni vitali per tre giorni usando un solo polmone, quando tutti i bambini con erniadiaframmatica devono essere subito intubati dopo la nascita;
- siamo stati trasferiti a Varese, quando potevamo essere mandati in una città più lontana o addirittura in un’altra Regione;
- l’altro bambino con la stessa patologia di Gabriele è stato dimesso dall’ospedale del Ponte il 27 ottobre, giorno in cui il nostro bambino è nato; il box in cui siamo stati ricoverati era lo stesso di quel bambino;
- nei giorni prima, durante e dopo l’intervento, tantissime persone hanno pregato per Gabriele: alcune conosciute, altre no. Vogliamo ringraziarle tutte oggi qui: credeteci, sono arrivate tutte fino a quel quarto piano dell’ospedale. Ringraziamo di cuore i sacerdoti don Nicolò, don Maurizio, don Fabrizio, don Alessandro, don Claudio, don Romano e padre Ghislain dal Canada e tutte le loro comunità parrocchiali che hanno pregato per Gabriele standoci vicini con una presenza così amorevole, che ancora oggi ci commuove.
Non smetteremo di ringraziare il Signore per averci messo accanto dei genitori incredibili, sorelle, fratelli e tanti parenti e amici che ci hanno sostenuti, dandoci tanta forza. La vita è un dono così prezioso! Non smetteremo mai di lodare e glorificare il Signore per quanto ha fatto per noi.
La frase che racchiude perfettamente quello che abbiamo vissuto con questa vicenda viene dal vangelo di Marco: l’abbiamo vista su una delle vetrate della cappella dell’ospedale del Ponte e poi l’abbiamo ritrovata qualche mese dopo pescando in chiesa una frase del vangelo sulla quale avremmo dovuto riflettere durante quella settimana: “Tutto è possibile per chi crede!”. Noi abbiamo creduto e continueremo a farlo. Gabriele è il nostro miracolo!